Monday 27 July 2009

Immersi in una bolla creativa

Ci sono posti in cui all'improvviso si accende una scintilla di energia collettiva. Non ingabbiatela e tenete alla larga avvocati e benefattori. È un'atmosfera da salvaguardare, scrive Kevin Kelly.

Lo scenio è come il genio, solo che si trova all'interno di un'intera scena culturale e non nei cromosomi di una singola persona. La parola è stata coniata da Brian Eno per descrivere l'energia creativa che si scatena in alcuni luoghi e indica "l'intelligenza e l'intuizione di un intero gruppo".

Immersi in questo clima produttivo diamo il meglio di noi perché siamo ispirati dall'ambiente e dalle persone che ci circondano, che sono sulla nostra stessa lunghezza d'onda. Lo scenio, però, si verifica solo se sono presenti alcune condizioni.

Apprezzamento reciproco: le mosse rischiose vengono incoraggiate dal gruppo, l'intelligenza è apprezzata e una forma di amichevole competizione spinge all'azione anche i più timidi. È una specie di "logica del branco" in positivo.

Scambio veloce di strumenti e tecniche: appena qualcuno scopre qualcosa di nuovo la condivide subito con il gruppo. Le idee circolano rapidamente attraverso un linguaggio comune.

Gli effetti del successo: quando ottiene un risultato sorprendente, l'intero gruppo si gode il trionfo. E questo trasmette forza per i successi a venire.

Rispetto per l'originalità: il mondo esterno non è troppo duro con le trasgressioni del gruppo. I tipi più ribelli o quelli fuori dalle righe sono protetti da questa specie di zona cuscinetto.



Imparare dagli scalatori
Lo scenio può emergere ovunque: nei corridoi di un'azienda, in un quartiere o in un'intera regione. La storia è piena di esempi. Nella letteratura moderna ci sono stati la Tavola rotonda dell'Algonquin e il gruppo di Bloomsbury.

Nell'arte c'è stata la Parigi degli anni venti, i loft di Soho a New York e, più di recente, il festival del Burning Man. E per la scienza, l'edificio 20 all'Mit e la Silicon Valley.

Tutto questo mi è tornato in mente guardando il documentario Vertical frontier sugli scalatori del Parco nazionale di Yosemite, in California.

Negli anni trenta alcuni scalatori decisero di scalare le pareti verticali dello Yosemite. Occuparono un campo permanente sulla parete nord, il Camp 4, dove spesso campeggiavano illegalmente per l'intera estate. Il gruppo era formato da giovani squattrinati appassionati di alpinismo, con molto tempo a disposizione, incuranti delle leggi e spinti da una grande voglia di scalare in modo nuovo.



Camp 4 diventò una scuola, un club e una casa estiva per molti scalatori. Diede vita a una nuova etica, a equipaggiamenti incredibilmente innovativi e inventò la maggior parte delle più moderne tecniche di arrampicata.

All'apparenza i luoghi dello scenio non hanno nulla di particolare: l'edificio 20 dell'Mit era semidiroccato, Soho era un ammasso di spazi industriali e Camp 4 è un campeggio polveroso. Ma ci si arriva solo a piedi, caricandosi tutto sulle spalle, e questo tiene alla larga gli scalatori della domenica. In più non ci sono macchine e il clima è molto intimo.

La tranquillità del posto è stata minacciata più volte e gli scalatori di tutto il mondo si sono battuti perché il posto fosse messo sotto tutela. Alla fine il campo è rimasto una specie di incubatrice per gli entusiasti dell'arrampicata.

Anche se ogni azienda o università vorrebbe ricrearlo, questo clima speciale non si può costruire a tavolino. Devono esserci i pionieri giusti, un luogo aperto ma non troppo e molte scintille di entusiasmo.

La cosa più importante è non distruggere l'atmosfera: quando il gruppo comincia a funzionare non va formalizzato. Quando vedete le prime scintille, sventolate il fuoco perché si attizzi ma non spostate lo scenio in un altro posto. Tenete alla larga avvocati, architetti e benefattori. Lasciate che il vostro scenio rimanga scomodo, strambo, marginale: in cantina, in periferia, sul retro, lassù a Camp 4. E, quando nasce, onoratelo e salvaguardatelo.

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