Saturday 20 December 2008

Conciliazione e narratizzazione creano il sè

Raccontiamo a noi stessi il mondo

Spesso prima agisco, poi mi spiego perché l’ho fatto. Quindi io sono un “io” che narra, racconta e spiega “me” “me stesso”.
Questo processo psicologico è detto “conciliazione”.
Dice Julian Jaynes:
«Nella conciliazione noi facciamo selezioni o narratizzazioni compatibili fra loro, esattamente come nella percezione esterna i nuovi stimoli vengono portati in accordo con la concezione interna. Se in una fantasticheria due selezioni o narratizzazioni cominciano a presentarsi nello stesso tempo, vengono fuse assieme o conciliate.
Se ci viene chiesto di pensare contemporaneamente a un pascolo di montagna e a una torre, noi automaticamente conciliamo le due richieste facendo sorgere la torre sul pascolo. Ma se ci viene chiesto di pensare al pascolo di montagna e a un oceano nello stesso tempo, la conciliazione tende a non verificarsi ed è probabile che noi pensiamo prima a una delle due cose e poi all’altra. È possibile combinarle assieme solo per mezzo di una narratizzazione. 
Posso costruire una “storia” di un bovaro di montagna che cambia lavoro e diventa marinaio.

La coscienza non è una cosa, un deposito o una funzione, ma piuttosto un’operazioneLa coscienza seleziona da un tutto aspetti pertinenti, che narratizza e concilia fra loro in uno spazio metaforico in cui tali significati possono essere manipolati come cose nello spazio
Se la coscienza è fondata sul linguaggio, ne segue che essa ha un’origine molto più recente di quanto non si sia supposto finora. 
La coscienza è posteriore al linguaggio! 
Le implicazioni di tale posizione sono assai gravi.»
Julian Jaynes, “Il crollo della mente bicamerale”, Adelphi pag. 90


La teoria della mente

Le scienze cognitive suggeriscono che parte integrante della coscienza debba essere una “teoria della mente”, che ciascuno di noi deve possedere se vuole interagire in maniera soddisfacente con gli altri esseri. 
Secondo tale ipotesi, ogni individuo si forma negli anni una rappresentazione interna di come funziona la propria mente e quella di ogni altro essere umano, e la consulta ogni volta che si trova ad agire con ponderazione.
Se per gli altri funziona “così”, lo stesso deve accadere dentro di noi. 
L’intuizione ci conferma che qualcosa di simile esiste nelle nostre teste, perché tutti noi possediamo una ragionevole cognizione delle azioni, degli stati d’animo e degli elementi della sfera emotiva dei nostri simili. 
È anche abbastanza intuitivo che se una tale teoria della mente esiste, non può non costituire parte integrante del fenomeno della coscienza. Secondo qualcuno potrebbe essere addirittura alla radice di tale fenomeno.
Boncinelli Edoardo, “Il cervello, la mente e l’anima”, Mondadori, pag. 272


La conoscenza di sé deriva dall’avere un archivio mentale per le persone

 

Una delle migliori osservazioni sul concetto di coscienza è quella espressa da Woody Allen nel suo ipotetico programma di studi universitario:
INTRODUZIONE ALLA PSICOLOGIA: 
Teoria del comportamento umano ... 
C’è una frattura tra mente e corpo, e, in questo caso, quale è meglio avere?

Lo humour verbale fornisce al lettore un significato di una parola ambigua – “frattura” - e lo sorprende con un altro.
In ogni caso, come nota Dennett:
«Se doveste sottoporvi a un trapianto cardiaco, vorreste essere il ricevente, non il donatore; ma in un trapianto di cervello, desiderereste di certo essere il donatore. Voi andate insieme al cervello, non con il corpo.»
Dennett Daniel, “La Mente e le Menti”, Euroclub, pag. 90

Scrive Pinker in “Come funziona la mente”: 
“Definizioni tipiche di coscienza sono: «costruire un modello interno del mondo che contenga il sé», «riflettere a ritroso sul proprio modo di comprendere» e altre attività simili, che nulla hanno a che fare con la coscienza qual è comunemente intesa: essere vivi, svegli, consapevoli.
La conoscenza di sé non è più misteriosa di qualsiasi altra dimensione della percezione e della memoria. 
Se dispongo di un archivio mentale per le persone, perché non dovrebbe contenere una voce per me stesso?

Un secondo senso di «coscienza» è accesso all’informazione. Se vi offrissi «un soldo per i vostri pensieri», voi rispondereste raccontandomi il contenuto dei vostri sogni a occhi aperti, i progetti che avete per la giornata, i vostri dolori e le vostre seccature, i colori, le forme e i suoni che avete attorno. Non potreste parlarmi, invece, degli enzimi che il vostro stomaco secerne. Il che indica che la massa di informazioni che vengono elaborate nel sistema nervoso si divide in due categorie. 
Una, che include i prodotti della visione e i contenuti della memoria a breve termine, è accessibile da parte dei sistemi sottesi ai resoconti verbali, al pensiero razionale e alla deliberata assunzione di decisioni. 
L’altra, che include le risposte autonome (viscerali), i calcoli interni sottesi alla visione, al linguaggio e al movimento, e i desideri o ricordi repressi (se ne esistono), non è accessibile da parte di quei sistemi. 
Infine, veniamo al senso di «coscienza» più interessante di tutti, quello di facoltà senziente: esperienza soggettiva, consapevolezza fenomenica, sensazioni grezze, tempo presente in prima persona, «com’è» essere o fare qualcosa. Ecco gli aspetti principali della coscienza:consapevolezza sensoriale, attenzione focalizzata, coloritura emotiva e volontà
Pinker S., “Come funziona la mente”, Mondadori, pag. 145

Inoltre, sappiamo che l’informazione su un oggetto che viene percepito è sparsa fra numerose parti della corteccia cerebrale, come dimostra il fenomeno delle parole sulla punta della lingua
Perciò l’accesso all’informazione richiede un meccanismo che leghi insieme geograficamente dati separati. 
Crick e Koch suggeriscono che un meccanismo del genere potrebbe essere la sincronizzazione dell’attivazione neurale, dovuta forse a circuiti di collegamento fra corteccia e talamo, la stazione di smistamento centrale del cervello.


La mente non è una cosa bensì un processo 

La mente, dice il filosofo Gilbert Ryle, autore di un famoso libro sul fantasma dentro la macchina, non è una cosa bensì un processo.

La memoria umana è una “storia”, non un protocollo fedele. Osservando macchie di inchiostro di Rorschach, la mente vede facce, pioppi, guglie di chiese; nel cielo notturno individua costellazioni, orse celesti, cigni. Essa ordina forme biologiche in ordini, generi e specie; sostanze chimiche nella Tabella periodica degli elementi; pietre in cattedrali; lettere dell’alfabeto in Moby Dick. Posta di fronte a un gruppo di punti, la mente tende naturalmente a connetterli formando figure.
Hooper J. Teresi D., “L’universo della mente”, Bompiani pag. 458


L’apparente continuità della coscienza è un’illusione

È come chiedere a una torcia elettrica in una stanza buia di cercarvi qualcosa che non sia illuminato. La torcia, vedendo luce in qualsiasi direzione si rivolga, concluderebbe che c’è luce dappertutto. Allo stesso modo si può avere l’impressione che la coscienza pervada tutta l’attività mentale, mentre in realtà non è così.
È molto più probabile che l’apparente continuità della coscienza sia in realtà un’illusione, esattamente come la maggior parte delle altre metafore sulla coscienza. Nella nostra analogia della torcia elettrica, questa sarebbe cosciente di essere accesa solo quando è accesa. Anche se fra un periodo di luce e l’altro intercorressero intervalli di tempo molto lunghi, la torcia, sempre che le cose restino in generale immutate, avrebbe l’impressione di essere rimasta sempre accesa. Noi siamo quindi coscienti meno a lungo di quanto pensiamo, perché non possiamo essere coscienti di quando non siamo coscienti. 
Julian Jaynes, “Il crollo della mente bicamerale”, Adelphi pag. 40


L’energia interiore. Se date un calcio a un cane…

La nostra energia interiore è un caso a parte. Se date un calcio a una pietra, essa si muove con l’energia che ha ricevuto dalla vostra pedata; ma se date un calcio a un cane, esso si muove con l’energia che ricava dal suo metabolismo
Bateson G., “Verso un’ecologia della mente”, Adelphi, pag. 502

Io posso mettere in moto me stesso, posso concentrare risorse nel risolverei miei problemi.


Via: www.ilpalo.com

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