Sunday 21 December 2008

Emisfero destro del cervello e linguaggio: l’importanza del pensare in due modi

L’emisfero destro

Oggi abbamo una miglior conoscenza delle specificità dei nostri due emisferi cerebrali. Le indagini hanno rivelato in sostanza che l’emisfero destro è più portato per le abilità spaziali e per i compitisintetici, globalizzanti e ideativi, compresa la musica, mentre il sinistro è superiore nei compitiverbali, analitici e sequenziali
L’emisfero destro è molto superiore a quello sinistro nell’esecuzione di compiti che richiedano una certe capacità di vedere gli oggetti nello spazio, come nel combinare tra di loro le parti meccaniche di un congegno o semplicemente nel disegnare oggetti in tre dimensioni. 
I disegni di questo tipo eseguiti con il solo ausilio dell’emisfero sinistro appaiono puerili e rudimentali rispetto a quelli fatti con l’uso dell’emisfero destro. L’emisfero destro ha anche una piena capacità diriconoscere immagini che abbiano una valenza emotiva e di estrinsecare un‘emozione
Boncinelli Edoardo, “Il cervello, la mente e l’anima”, Mondadori, pag. 270


Perché due emisferi?

Secondo Jerre Levy: “Due emisferi assolutamente identici per funzione, sarebbero stati una puraridondanza. Non possiamo certo permetterci una tale ridondanza se dobbiamo vivere delle nostre facoltà mentali.” 
L’evoluzione costruì dunque due programmi neurali separati, l’uno accanto all’altro. La metà sinistra del cervello è sintonizzata al tempo (logica sequenziale, conteggio ecc. sono organizzati temporalmente), la metà destra allo spazio.

“Per ciascuno dei due sessi, ciascun emisfero può specializzarsi in una diversa abilità. I maschieccellono nella visualizzazione spaziale tridimensionale. L’emisfero destro femminile può essere meno specializzato per le relazioni spaziali e al tempo stesso molto specializzato per lacomprensione del significato dell’espressione facciale, utile per anticipare i bisogni di un neonato che non sa ancora parlare.
Scrive Eran Zaidel: “L’emisfero sinistro è costruttivo, algoritmico, graduale e logico. Esso trae beneficio da un’esemplificazione limitata e da un procedimento per tentativi; è in grado di imparare applicando le regole. 
L’emisfero destro, invece, non sembra imparare per esposizione a regole e a esempi. Esso ha bisogno di essere esposto a strutture ricche e associative, che tende ad afferrare come totalità.
Fa parte del carattere elusivo dell’emisfero destro il fatto che noi troviamo più facile dire ciò che non è, piuttosto che ciò che è.”
Hooper J. Teresi D., “L’universo della mente”, Bompiani pag. 274


L’emisfero destro ha abilità molto inferiori a uno scimpanzé

L’emisfero destro, non dotato del linguaggio, è, a giudizio di Gazzaniga, una lampadina assai poco luminosa; le sue abilità potrebbero essere “molto inferiori alle abilità cognitive di uno scimpanzé”. Può darsi addirittura che esso non possegga la consapevolezza di sé. 
Bogen lo considera una sorta di rivelatore di mancate corrispondenze:
“L’emisfero destro ha difficoltà a fare inferenze su eventi che vanno al di là di una semplice associazione. Se proietti la parola cane esso indica gatto. Questa è una semplice risposta associativa. Ma se proietti cane e guinzaglio, ed esso deve indicare passeggiata, non ci riesce. È una cosa troppo astratta.”

A che cosa serve allora l’emisfero destro? 
“Esso fa una quantità di cose. Prima di tutto controlla metà del corpo. Esso potrebbe anche essere una sorta di processore veloce per cose che non richiedono un’analisi verbale: entra o esci; fa’ questa cosa per imitazione. Il destro forma giudizi percettivi rapidi: scappa o attacca. 
Il destro non ha bisogno di passare per un processo analitico che richieda nomi e classificazioni, come fa l’emisfero sinistro. 
Hooper J. Teresi D., “L’universo della mente”, Bompiani pag. 281


L’emisfero destro è incapace di distinguere il nome dalla cosa designata

 

L’emisfero destro è simbolico o affettivo, ed è probabilmente incapace di distinguere il nome dalla cosa designata: certo esso non si occupa di questo genere di distinzioni. 
Accade quindi che certi tipi di comportamento non razionale siano necessariamente presenti nella vita dell’uomo. E’ un fatto che questi due emisferi operino in modo un po’ diverso l’uno dall’altro, e non possiamo sfuggire alle complicazioni che questa differenza comporta.
Con l’emisfero sinistro dominante, ad esempio, possiamo considerare con distacco una bandiera come una sorta di nome del paese o dell’organizzazione che essa rappresenta. Ma l’emisfero destro non fa questa distinzione, e considera la bandiera sacramentalmente identica a ciò che essa rappresenta. 
Bateson G. “MENTE E NATURA”, Adelphi, pag. 48


Un’eccessiva semplificazione del problema

È forte la tentazione di rappresentare l’emisfero sinistro, logico e razionale, come una sorta di “Io” e l’emisfero destro come un “Es”. 
In alcuni ambienti l’emisfero destro è trattato come un nobile selvaggio rousseauiano, traboccante di energia creativa allo stato rozzo, mentre il cervello sinistro, col suo dono della parlantina, è il cervello dell’Io. C’è stata un’eccessiva semplificazione del problema. Le persone con un cervello normale hanno due flussi di coscienza paralleli nella loro testa, ma i due si parlano l’un l’altro. 
Ma quanto spesso e attraverso quali canali? 
Non sappiamo niente in proposito. 
Hooper J. Teresi D., “L’universo della mente”, Bompiani pag. 272


La funzione narrativa

L’emisfero sinistro contiene una funzione narrativa e razionalizzante - un interprete - capace in ogni circostanza di dare un senso unitario alle percezioni e inserirle in un «racconto del presente», che si dipani con continuità. 
In questo suo sforzo di interpretazione e di razionalizzazione, l’emisfero sinistro è costretto a volte a improvvisare e a produrre false ricostruzioni, inventandosi di sana pianta un passato immediato fittizio, se non addirittura falsi ricordi. 
Tutto ciò è estraneo all’emisfero destro, molto più veridico e aderente ai significati letterali.
Boncinelli Edoardo, “Il cervello, la mente e l’anima”, Mondadori, pag. 270

Tocca al sinistro narratizzare, elaborare nel linguaggio interiore il racconto di cosa siete e di cosa state facendo in questo momento.
Torneremo più avanti a illustrare questo concetto fondamentale del narrare il presente a se stessi.


Destro. Gli effetti delle lesioni cerebrali su persone bilingui

Gli effetti delle lesioni cerebrali su persone bilingui o poliglotte variano a seconda del singolo caso, della singola storia. Solo di recente è stato messo un po’ d’ordine nello studio del « cervello bilingue » (Albert e Obler) rivedendo sia tutta la casistica dell’afasia (disturbo del linguaggio) nei poliglotti sia gli esperimenti su soggetti normali. Un dato rilevante è che una lesione dell’emisfero destro produce disturbi del linguaggio solo nell’1-2% dei monolingui, ma ben nel 10% dei bilingui. L’emisfero destro risulta quindi importante, un ausilio fondamentale per l’acquisizione e l’espressione di una nuova lingua. Anzi sembra che esso possa essere dominante per una lingua, mentre il sinistro lo è per un’altra.
Esemplificativo il caso di un uomo d’affari tedesco che parlava, oltre alla lingua materna, il
francese, l’inglese, lo spagnolo e il russo. A quarant’anni rimase ferito all’emisfero sinistro e manifestò disturbi nel linguaggio. Con sorpresa, però, la prima lingua che riacquistò fu l’inglese, una lingua che non parlava da vent’anni, e solo dopo ricominciò a usare lo spagnolo e il tedesco; a quel punto l’inglese divenne più povero della lingua materna. Altri individui invece recuperano prima la vecchia lingua materna, anche se da tempo non la usavano più. Nel cervello dei poliglotti l’intreccio dei circuiti è sicuramente molto complesso. Roman Jakobson, uno dei maggiori linguisti contemporanei, ha ricordato come dopo un incidente d’auto « senza alcuna necessità e in modo automatico » traducesse simultaneamente in quattro e cinque lingue tutto quello che pensava. I circuiti di quel cervello, profondo conoscitore di molte lingue, dovevano essere impazziti.
Mecacci L., “Identikit del cervello”, Laterza, pag. 33


I due emisferi trasferiscono il lavoro della percezione come due staffettisti che si passano il testimone

Secondo diverse teorie sul funzionamento del cervello, alla base dell’unità della percezione e dell’azione vi è un processo cooperativo globale. 
La maggior parte degli psicofisiologi conviene che esiste necessariamente una coordinazione diffusa, quale che sia la sua forma. Jack Pettigrew esprime questo parere sulla base di alcune ricerche sulla rivalità binoculare. Quando si domanda di guardare due immagini diverse contemporaneamente, una per occhio, i soggetti riferiscono di vedere l’una o l’altra, ma non entrambe, con le immagini percepite che si alternano sporadicamente. In precedenza, gli studiosi ne avevano concluso che il talamo seleziona la corteccia visiva da attivare, ma Pettigrew ha mostrato che tutto l’emisfero, da una parte come dall’altra, è coinvolto globalmente in ogni avvicendamento, come se i due emisferi trasferissero il lavoro della percezione dall’uno all’altro come due staffettisti che si passano il testimone.
Freeman W., “Come funziona il cervello”, Einaudi, pag. 137


Il cervello ha un’organizzazione modulare, parallela

È sciocco discutere se il cervello sia seriale o parallelo perché è ovvio che il sistema dev’essere seriale sotto certi aspetti e parallelo sotto altri.
Si pensi a un computerSe si perde un bitsi può perdere tutto. Ma io posso mostrarvi persone che hanno perso estese regioni del loro cervello, eppure sono capaci di leggere il “Times”.
Se il cervello fosse organizzato come un sistema seriale generale, una lesione, in qualsiasi regione, avrebbe effetti devastanti.”
Hooper J. Teresi D., “L’universo della mente”, Bompiani pag. 281


Via: www.ilpalo.com

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