Sunday 21 December 2008

Emozioni, cuore, cervello: studio emotivo della comunicazione

Non soffriamo per i fatti in sé, ma per il significato che attribuiamo a essi

L’essere umano è un costruttore attivo della propria esperienza. Quindi non soffriamo per i fatti in sé, ma per il significato che attribuiamo a essi. Per fortuna, abbiamo sempre la possibilità di costruire significati diversi. 
Arrivare a questa elaborazione alternativa è lo scopo della psicoterapia, che sviluppa la capacità del paziente di riconoscere e correggere le cognizioni negative, pessimistiche, e gli errori logici che gli sono ormai connaturati. Corregge gli errori che il paziente ha fatto suoi nel tempo e di cui si serve in modo automatico per «leggere » la realtà e interagire con essa.
Cassano G. S. Zoli, “E liberaci dal male”, Longanesi, pag. 101


Caratteristica principale delle attività della mente è la loro invisibilità

 

Per quel che riguarda le emozioni, la mente – l’entità preposta alla soluzione dei problemi - può essere vista in contrapposizione con una parola ormai desueta e insolita nelle ricerche sulla coscienza: l’anima, l’entità coinvolta nelle passioni.
Dice Hannah Arendt in “La vita della mente”:
“La caratteristica principale delle attività della mente è la loro invisibilità
La mente è decisamente altro dall’anima. L’anima, da cui sgorgano le nostre passioni, i nostri sentimenti e le nostre emozioni, è un vortice più o meno caotico di eventi che noi non mettiamo in atto, ma patiamo– il nostro carattere ci domina - e che in circostanze di forte intensità possono travolgerci, come avviene con il dolore o il piacere. 
L’invisibilità dell’anima assomiglia a quella degli organi interni del corpo, di cui avvertiamo la disfunzione senza essere in grado di controllarli.

La vita della mente, al contrario, è pura attività, un’attività che, alla stregua delle altre, può essere avviata o interrotta a volontà. 
Per di più, quantunque la loro sede sia invisibile, le passioni posseggono una propria espressività: si arrossisce per la vergogna, si impallidisce di paura, si può avere l’aria abbattuta, ed è necessario un notevole auto-controllo per impedire alle passioni di mostrarsi. 
Hannah Arendt, “La vita della mente”, Il Mulino, pag. 155


Le immagini corporee conferiscono alle altre immagini una qualità - di buono o di cattivo, di piacere o di dolore

Le emozioni ci fanno intravedere che cosa accade nella nostra carne. Per giustapposizione, le immagini corporee conferiscono alle altre immagini una qualità: di buono o di cattivo, di piacere o di dolore.
Dice Damasco:
“Per me i sentimenti hanno uno status davvero privilegiato. A motivo dei loro inestricabili legami con il corpo, essi vengono prima, nello sviluppo, e serbano un primato che pervade la nostra vita mentale. Dal momento che il cervello è l’avvinto uditorio del corpo, i sentimenti risultano vincitori tra pari. Inoltre, dal momento che ciò che viene prima costituisce un quadro di riferimento per ciò che viene dopo, isentimenti hanno voce in capitolo sul modo in cui il resto del cervello e la cognizione svolgono i propri compiti. La loro influenza è immensa.”
Damasio, L’errore di Cartesio, Adelphi , pag. 228


Un sentimento dipende dalla giustapposizione di un’immagine del corpo all’immagine di qualcosa d’altro

L’essenza della tristezza o della felicità è la percezione di certi stati del corpo combinata con quella deipensieri - quali che siano - a cui essi sono giustapposti, e integrata da una modificazione - in modi e in efficienza - del processo di pensiero. In genere essi tendono a concordare, poiché sia il segnale dello stato corporeo (positivo o negativo) sia la modalità e l’efficienza della cognizione sono stati innescati dallo stesso sistema. 
Con gli stati corporei negativi, la generazione di immagini è lenta, esse differiscono poco e ilragionamento è inefficiente; con gli stati positivi, la generazione di immagini è rapida, esse sono molto differenziate e il ragionamento può essere veloce, anche se non necessariamente efficiente. Quando gli stati corporei negativi si ripetono spesso, o nel caso di un forte stato negativo, come accade nella depressione, aumenta la quota di pensieri che è probabile siano associati a situazioni negative, e il modo e l’efficienza del ragionamento ne soffrono.

Un sentimento dipende dalla giustapposizione di un’immagine del proprio corpo all’immagine di qualcosa d’altro, come ad esempio l’immagine visiva di un volto o l’immagine uditiva di una melodia. 
L’idea che il “caratterizzato” (un volto) e il «caratterizzante» (lo stato corporeo giustapposto) siano combinati, ma non fusi, aiuta a spiegare perché è possibile sentirsi depressi anche quando si pensa a persone o situazioni che non significano in alcun modo tristezza o perdita, o sentirsi di buon umoresenza alcuna ragione immediata che lo spieghi.

Gli stati caratterizzanti possono essere inattesi. I caratterizzanti inesplicabili affermano la relativaautonomia dell’apparato neurale che agisce dietro le emozioni; ma essi ci ricordano anche che esiste un ampio dominio di processi non consci, in parte riconducibili a una spiegazione psicologica ma in parte no.

Damasio ritiene che nelle decisioni venga mentalmente consultato il sistema di immagazzinamento delle informazioni sulle ricompense e le punizioni ricevute in precedenza
Sono informazioni successivamente utilizzate per stimolare le intuizioni, che poi entrano a far parte dei normali processi decisionali delle persone. Tutto ciò ha senso, poiché è chiaro che l’intuizione è un pilastro indispensabile dell’edificio della creatività umana. 
Damasio, L’errore di Cartesio, Adelphi , pag. 213


L’intuizione è radicata nella memoria emozionale

L’intuizione, che opera in assenza di ragionamento conscio è radicata nella memoria emozionale. Sembra che l’intuizione abbia un ruolo importante anche nella maturazione delle decisionirazionali.

Quando un individuo prende una decisione, il suo cervello non si limita a utilizzare un algoritmo standard che analizza i dati e genera la soluzione ottimale. Al contrario, la valutazione dei dati è integrata dall’immissione di altri input d’ogni genere. Sono valutazioni di tipo emotivo che possono variare da un generico disagio o da una generica sicurezza alla vera propria paura, o essere semplicemente lafastidiosa sensazione che entrambe le decisioni potrebbero essere giuste (o sbagliate). 
La conclusione circa le decisioni da prendere, sebbene sia stata raggiunta ponderando i fatti, può non essere del tipo che l’individuo è in grado di razionalizzare verbalmente; o, se può farlo, può trattarsi semplicemente di questo: una razionalizzazione.

Anche la scienza — compendio delle attività razionali umane — lo conferma. Infatti, mentre vanta di mettere obiettivamente alla prova ipotesi emerse da osservazioni accuratamente raccolte, non tiene conto del fatto che le ipotesi iniziali sono molto spesso il prodotto di un’intuizione, e non di un ragionamento verbalmente fondato. L’intuizione è dunque un mediatore indispensabile dei nostri processi di pensiero
Tattersal T., “Il cammino dell’uomo”, Garzanti, pag. 191


La conoscenza di sé è pericolosa

Una mente desiderosa di modificare se stessa può trarre vantaggio dal conoscere il proprio funzionamento, ma questa conoscenza potrebbe altrettanto facilmente spingerci a provocare la nostra rovina, se fossimo in grado di frugare con le nostre goffe dita mentali nei complicati circuiti che costituiscono la macchina della mente. 
Si pensi alla facilità con cui intraprendiamo rischiosi esperimenti capaci di modificarci; alla fatale attrazione che esercitano su di noi gli stupefacenti, la meditazione, la musica e anche la conversazione, tutte passioni fortissime capaci di modificare la nostra personalità più profonda. Si pensi al cieco entusiasmo con cui inseguiamo ogni promessa di superare i confini del normale godimento.
Se potessimo assumere deliberatamente il comando dei nostri sistemi del piacere, potremmo riprodurre il piacere del successo senza bisogno di raggiungere alcun risultato. E questa sarebbe la fine di tutto.
Minsky Marvin, "La società della mente", Adelphi, pag. 124  

Che cosa impedisce tali interferenze? La nostra mente è vincolata da molte autocostrizioni. Ad esempio, ci riesce difficile stabilire che cosa accade nella mente. Anche se il nostro occhio interiore potesse vedere che cosa c’è dentro, ci sarebbe singolarmente difficile modificare gli agenti che più ci piacerebbe modificare, cioè quelli che nella nostra infanzia hanno contribuito a foggiare i nostri autoideali più duraturi.
Questi agenti sono difficili da modificare a causa della loro particolare origine evolutiva. La stabilità a lungo termine di molte altre agenzie mentali, dipende dalla lentezza con cui modifichiamo la nostra immagine di come dovremmo essere.

Secondo le teorie di Freud, lo sviluppo di ogni individuo è governato dal suo bisogno inconscio di compiacere, di placare, di contrastare o di eliminare le proprie immagini dell’autorità parentale. Se riconoscessimo l’influenza di quelle vecchie immagini, tuttavia, forse le considereremmo troppo infantili o troppo meschine per poterle tollerare, e cercheremmo di sostituirle con qualcosa di meglio. 
Minsky Marvin, "La società della mente", Adelphi, pag. 124


Il voto del corpo quando c’è da prendere una decisione

Esiste una saggezza, riguardante soprattutto le preferenze, inclusa nel resto del corpo. Usando questi antichi sistemi corporei il sistema nervoso centrale può essere guidato — a volte con un colpetto del gomito, a volte con mezzi più violenti — verso politiche sagge. A tutti gli effetti, la questione de decidere viene messa ai voti: il voto del corpo.

Quando tutto va bene, le varie fonti di saggezza del corpo cooperano; conosciamo fin troppo bene, però, i conflitti che possono scaturire dalla curiosa affermazione «Il mio corpo ha una mente sua!». A volte, sembra allettante riunire alcune delle informazioni in esso contenute in una mente separata.
Perché? 
Perché la mente del corpo è organizzata in modo tale che a volte può compiere delle discriminazioni, tenere conto di preferenze, prendere decisioni e mettere in atto politiche in qualche modo indipendenti e in competizione con la tuamente. 
Il tuo corpo può tradire i segreti che tu stai disperatamente cercando di mantenere, ad esempioarrossendo o tremando o sudando, solo per menzionare i casi più ovvi. 
Esso può «decidere» che, nonostante i tuoipiani ben preparati, ora ci vorrebbe proprio un po’ di sesso, non tutte queste discussioni intellettualiIn un’altra occasione, con tua massima mortificazione e frustrazione, quello stesso corpo potrebbe mandare a vuoto i tuoi sforzi di arruolarlo per una notte brava, costringendoti ad alzare la voce, ad arrabattarti tentando tutti i sistemi di persuasione più assurdi per convincerlo.
Ma allora perché, se il nostro corpo aveva già una mente sua, è andato acquisendo un’altra mente, lanostra, quella che denominiamo “coscienza”?Non basta forse una mente per ogni corpo? 
Non sempre. 
Come abbiamo visto, le antiche menti del corpo hanno compiuto un grosso lavoro nel tenere per miliardi di anni la vita aggrappata alle membra; il loro potere discriminatorio, tuttavia è relativamente lento e grezzo. La loro intenzionalità è a breve raggio e può essere ingannata facilmente. Per un impegno più sofisticato nel mondo, è necessaria una mente più veloce e lungimirante, una coscienza che – riflettendo - possa produrre non solo più futuro, ma anche un futuro migliore.
Dennett, Daniel, “La Mente e le Menti”, Euroclub, pag. 94


Il cervello pensoso del corpo

Le rappresentazioni che il cervello costruisce per descrivere una situazione, e i movimenti elaborati come risposta, dipendono da mutue interazioni tra corpo e cervello. Via via che il corpo cambia, per influenze chimiche e neurali, le rappresentazioni che il cervello ne costruisce si evolvono; alcune rimangono non consce, mentre altre raggiungono la coscienza. Allo stesso tempo, al corpo continuano adaffluire segnali provenienti dal cervello, alcuni in modo deliberato e altri in modo automatico, provenienti da settori del cervello le cui attività non hanno rappresentazione diretta nella coscienza. Il risultato è che il corpo si modifica ancora, e quindi si modifica l’immagine che se ne ha.
Se il cervello si è evoluto in primo luogo per assicurare la sopravvivenza del corpo, allora quando comparvero cervelli dotati di mente essi cominciarono con il por mente al corpo. La natura si imbatté in una soluzione molto potente: rappresentare il mondo esterno in termini di modificazioni che esso provoca nel corpo, cioè rappresentare l’ambiente modificando le rappresentazioni primordiali del corpo ogni volta che si ha un’interazione tra organismo e ambiente.
Damasio, L’errore di Cartesio, Adelphi , pag. 313


Quando ebbe origine il linguaggio, l’emisfero destro doveva già occuparsi delle risposte emozionali

Quando ebbe origine il linguaggio, l’emisfero cerebrale destro doveva occuparsi giàmassicciamente dell’osservazione e del controllo delle risposte emozionali
È il comportamento emozionale di un altro animale a dirci quali siano le sue intenzioni: essere in grado dileggere correttamente tali segnali, e di reagire a essi con una risposta ugualmente ispirata dalle emozioni, è l’essenza della vita sociale delle scimmie. 
Dunbar R., “Dalla nascita del linguaggio alla Babele delle lingue”, Longanesi, pag. 173


Via: www.ilpalo.com

0 comments:

Post a Comment

Related Posts with Thumbnails